ADHD

l’ADHD (Attention Deficit/hyperactivity Disorder) o DDI (Disturbo da Deficit Attentivo/Iperattività) è un disturbo del normale sviluppo psicofisiologico, comportando un deficit generalizzato della condotta e dell’emotività.

Anche se non occupa più un posto di primo piano sulle testate dei giornali, l’ADHD continua a sconvolgere la vita di interi nuclei famigliari. Bambini, adolescenti e adulti non sono immuni da quello che, nella più rosea delle interpretazioni statistiche, colpisce in misura più o meno grave un soggetto ogni 30. Fortuntamente nella maggior parte dei casi i disturbi sono talmente lievi da risultare mimetizzati dalla naturale vivacità dei bambini. A volte però i sintomi sono tali da provocare disagio, personale e relazionale.

Nei soggetti che presentano la sindrome (cioè un insieme di più sintomi) la corteccia prefrontale, presenta un danno fisiologico oggettivamente rilevabile. Biologicamente è possibile riscontrare, ad esempio attraverso una risonanza magnetica computerizzata, fondamentale nel caso si decida di ricorrere a una terapia farmacologica di supporto, la minore dimensione dei nuclei della base (o gangli basali).

I nuclei della base sono connessi con il sistema extrapiramidale e la motricità, pertanto la loro alterazione può comportare anche tremori o disturbi distonico atetoidi che ricordano il morbo di Parkinson. Tale alterazione comporta una ipoattività del sistema di inibizione a livello cerebrale, che costituisce la causa primaria dei disturbi e che il soggetto cerca di compensare ponendo in essere di una esagerata attività esterna. Non a caso i farmaci che meglio aiutano a contenere l’ADHD hanno proprietà stimolanti.

L’ alterazione si manifesta in tre dimensioni psicopatologiche:

  • area cognitiva, per cui si manifestano problemi di disattenzione;
  • area comportamentale, il che spiega l’impulsività e mancanza di inibizione;
  • area motoria, con la caratteristica iperattività.

Quando tutti i tre aspetti sono presenti si parla di tipo combinato, mentre quando è prevalente una delle dimensioni si parla alternativamente di ADHD di tipo cognitivo, comportamentale o motorio.

Secondo l’ICD10, che contiene le linee guida per la definizione di diversi disturbi a carattere psicobiologico, le alterazioni provocate dall’ADHD provocano compromissione dell’attenzione, iperattività fisica, impulsività, sono sempre presenti anche in diverse situazioni sociali e/o ambientali, hanno esordio precoce e una persistenza nel tempo di almeno 6 mesi. Legati a questi, altri elementi concorrono alla definizione di un quadro altamente difficile da gestire, sia per il soggetto sia per coloro che gli gravitano intorno.

Dal punto di vista del bambino: come appare

Il bambino ADHD appare spesso goffo, scoordinato nei movimenti, urta oggetti e persone. I suoi movimenti appaiono privi di una finalità, il che a volte risulta spiazzante e incomprensibile, non rispondono a criteri di continuità e coerenza. Inizia un’attività ma viene catturato da mille altri stimoli, che uno dopo l’altro lo distraggono da ciò che stava facendo un attimo prima. Non riesce a sottostare alle regole di nessun gioco, il che lo porta ad essere isolato rispetto al gruppo che lo vive come elemento di disturbo.

Si sposta continuamente verso l’oggetto momentaneo della sua considerazione, e nel farlo corre, salta, prende oggetti, parla descrivendo ciò che fa. Non è in grado di selezionare, organizzare, frenare le risposte né di gestire e modulare le emozioni, non ha a disposizione nessun filtro che gli permetta di escludere gli stimoli minori o secondari o che ne moduli l’intensità. L’attesa è intollerabile: tutto deve avvenire ora, qui e subito.

Solitamente il livello intellettivo è superiore alla norma, e questo è un elemento che talvolta ritarda la diagnosi, poiché quando si riesce a catturare l’attenzione il bambino impara in modo superiore alla media e in tempi molto ridotti. Molti soggetti che presentano ADHD di tipo cognitivo non vengono diagnosticati proprio perché le difficoltà di apprendimento vengono compensate dall’intensità con cui il bambino impara nei momenti di presenza.

Come non è

Il bambino ADHD non ha la curiosità operativa tipica dei bambini: non ha il tempo di rompere un oggetto per vedere come funziona, perché già nel prenderlo qualcos’altro ha catturato la sua attenzione. Non è mai un bullo, né leader né gregario, perché non ha finalità, di conseguenza neppure di tipo aggressivo. Non ha interesse a ottenere qualcosa in cambio di qualcosa d’altro, né cerca l’approvazione di un bullo dominante. Non ha la possibilità di fermarsi a riflettere su una mancanza, perché non si ricorda più di averla commessa e perché anche volendo non può fermarsi. Non presenta mai deficit di intelligenza né ritardo mentale.

Come si sente

Il bambino ADHD vive continuamente in una condizione di sofferenza, catturato senza sosta da stimoli che per la sua percezione hanno sempre la stessa intensità e il medesimo valore. Egli vive in un mondo in cui le percezioni sono amplificate sotto ogni punto di vista. Un chiacchiericcio fuori dalla porta, il cinguettio di un uccellino fuori dalla finestra o un aereo di passaggio hanno per lui lo stesso valore della voce dell’insegnante di fronte a lui, e l’interesse viene catturato dallo stimolo più forte in quel momento. Ugualmente, le sensazioni percepite non sono mediate da una scala di valori, per cui un vago senso di sete e il labile desiderio di andare a procurarsi dell’acqua hanno la stessa urgenza della necessità di fuggire da un incendio. Sul palcoscenico della vita di un individuo sano, l’occhio di bue evidenzia via via l’oggetto della nostra attenzione, lasciando in secondo piano i personaggi e gli accessori di scena e sullo sfondo le quinte e il fondale. Per il bambino ADHD tutto è compresente, sullo stesso piano, con la stessa forza. Come mille voci in rapida successione che lo chiamino all’attenzione, il bambino vive in un caos mentale profondamente destabilizzate e impegnativo a cui rimediare prima possibile attraverso l’ausilio degli strumenti giusti, per evitare che si fossilizzi in una situazione altamente compromettente.

Cosa è possibile fare

Attraverso un aiuto combinato farmacologico e pedagogico clinico è possibile avere una remissione completa dell’ADHD nel 67% dei casi, anche attraverso la messa in opera di strategie compensative che permettono di vivere una vita normale.

Tale dato è indicativo dell’efficacia delle tecniche pedagogico cliniche unite ad un supporto farmacologico, soprattutto nell’ottica di ridurre con il tempo un farmaco che risolve fino al 55% di casi ma che comporta l’assunzione a vita, con i relativi non trascurabili effetti collaterali. La combinazione della terapia farmacologica con l’intervento psico-educativo migliora le relazioni con i coetanei, aumenta la soddisfazione dei genitori per il trattamento e permette di utilizzare minori dosi di farmaco, spesso fino alla sospensione.

Con gli strumenti giusti è possibile superare ogni ostacolo