La mente e la gestione del dolore

E’ possibile diminuire le sensazioni spiacevoli fino a farle sparire?

CSPTIpainclk8888Siamo abituati a sperimentare e a volte a subire le sensazioni percepite dal corpo o dall'ambiente, ma spesso non sappiamo che è possibile imparare a ignorarle o addirittura a usarle a proprio vantaggio.

Le astuzie della mente

Il nostro cervello è in grado di stupirci ogni giorno, facendoci scoprire abilità stupefacenti e potenzialità tutte da esplorare. Ogni stimolo viene elaborato dalla mente a seconda del vissuto personale, della situazione in cui ci si trova: le sensazioni che proviamo sono uniche e personali, così come le percezioni. Per questo a qualcuno fanno paura i serpenti e altri ci giocano, certe persone non vorrebbero dover andare dal dentista e ad altre vengono i brividi pensando di fare shopping. Per alcuni un prelievo di sangue, una risonanza, un’ecografia, una TAC o un’infiltrazione sono una scocciatura, mentre per altri rappresentano una sfida difficile da affrontare.

Ma molte cose in realtà non sono come appaiono
 
Ed è solo la nostra interpretazione a fornirci significati per decifrare e affrontare il mondo. Addirittura, in particolari condizioni capita di non vedere ciò che c’è o viceversa, ma ciò che è più interessante è che è possibile sfruttare queste caratteristiche a nostro vantaggio.
La maggior parte delle sensazioni spiacevoli che proviamo, ad esempio paura o dolore, sono il retaggio della necessità di sopravvivere in un ambiente potenzialmente ostile e pericoloso. Sono governate principalmente dal cervello rettile, quello più antico, la cui potenza sotto alcuni punti di vista è paragonabile alla sua semplicità. Per questo, nonostante la sua forza, è facilmente ingannabile, ed è possibile attuare strategie capaci di alterarne il funzionamento.
 
Prendiamo ad esempio il dolore
 
Forse ti sarà capitato di causarti qualche danno fisico, anche importante, senza accorgertene se non in un secondo momento. Spesso i bambini non piangono quando cadono o si fanno del male, fino a che non realizzano lo spavento di qualcuno a loro vicino e associano ai segnali di allarme altrui la necessità di piangere per richiamate l’attenzione su di sé. Il dolore è secondario al carico emotivo, e si ciò che stiamo facendo è abbastanza intenso e coinvolgente lo sentiamo solo quando siamo al sicuro o quando cambia la situazione.
Sono noti i casi di combattenti feriti in modo gravissimo che hanno raggiunto le trincee per mettersi al sicuro, o sono stati in grado di trascinare compagni in salvo nonostante fossero stati colpiti anche più volte.
Ma non è necessario trovarsi per forza in un contesto tragico e di pericolo perché il cervello decida di mettere da parte per qualche tempo i segnali periferici di dolore. Può succedere lo stesso anche quando si è talmente coinvolti in un’attività da mettere da parte tutto il resto. Come quando da bambini capita che ci si diverta tanto da non badare a qualche livido o a qualche taglio fino a quando non si è chiamati per la merenda o per tornare a casa.
Oppure pensa a quando hai paura Lo stesso meccanismo si innesca per gli stati ansiosi o per molte paure. Un film dell’orrore visto in una stanza buia e silenziosa, di notte, in solitudine può risultare terrificante. Guardato sgranocchiando pop corn in compagnia di amici, fra risate e prese in giro invece, può addirittura risultare divertente.
Entrare in un ambiente angusto insieme a qualcuno che soffra di claustrofobia può trasformarsi in un’esperienza angosciante, se a predominare saranno modalità e comportamenti della persona che patisce a stare negli ambienti ridotti, o globalmente serena, se a prevalere saranno atteggiamenti di quella capace di affrontare la situazione con distacco ed equilibrio.
 
Entriamo in risonanza con gli altri, oltre che con l’ambiente
 
Come dopo un po’ che si sta in un posto molto trafficato non ci rendiamo conto di essere immersi nel rumore, come se lo avessimo messo in secondo, o addirittura ultimo piano, sullo sfondo. E’ lo stesso principio per cui possiamo non essere infastiditi dal ticchettio di un orologio che scatta ad ogni secondo, o dal ronzio di un computer o di un frigorifero, per lo meno fino a quando qualche variazione o una modifica nel livello di attenzione non fanno nuovamente risaltare quel particolare suono.
Ma siccome il cervello è in grado di affievolire fino a rendere impercettibili percezioni sonore o sensazioni dolorose, è possibile allenarsi ad amplificare, fino a rendere insopportabili, o a ridurre, fino ad annullare, i segnali che provengono dall’esterno così come quelli generati dall’interno del corpo.
 
Cosa dice la scienza
 
Alcune strategie facilitano questi processi mentali, con risultati molto interessanti.
Ad esempio, i ricercatori dell’Università di Oxford hanno recentemente scoperto che, guardando un mano o un piede doloranti attraverso un binocolo rovesciato, vedendone cioè l’immagine rimpicciolita, la sensazione di dolore si riduce. Questo significa che le sensazioni primarie ed elementari, come il dolore, sono mediate da ciò che vediamo. E siccome è ormai comunemente condiviso che un’esperienza intensamente immaginata equivalga a una realmente vissuta, possiamo vedere la parte rimpicciolita o, più semplicemente, immaginarla, per ottenere un effetto analgesico. E’ un piccolo esempio di come sia possibile ingannare il cervello: attuando diverse strategie contemporaneamente si possono ottenere risultati soprendenti.
Certo, non si tratta di processi automatici: ad attivarsi sono caratteristiche inconsce, difficili da controllare.
A meno di non conoscerne i meccanismi di innesco e di gestione.
 
Si può imparare a ridurre il dolore
 
Le tecniche immaginative proposte nei Training Ipnagogici, ad esempio, permettono di accedere ad alcune risorse specifiche per controllare abilità che normalmente si attivano inconsapevolmente, portando ascolto dopo ascolto a padroneggiarle sempre più a volontà.
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